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La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento

Pubblicato su Il Messaggero il 26 settembre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione.

Opponibilità delle locazioni anteriori al pignoramento

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento: l’art. 2923 del codice civile coordina la posizione dell’acquirente in vendita forzata con quella dei terzi titolari di diritti sulla cosa fondati su un rapporto di locazione.

Conformandosi al principio “emptio non tollit locatum” dettato anche per la vendita volontaria, sempre che si tratti di locazioni anteriori al pignoramento.

La disposizione in esame stabilisce sostanzialmente tre criteri per verificare l’anteriorità della locazione al pignoramento, cui corrispondono gradi diversi di opponibilità.

Quando sussiste la validità per l’acquirente delle locazioni anteriori al pignoramento?

In primis bisogna verificare la data relativa alla trascrizione, che rende totalmente opponibili le locazioni immobiliari ultra novennali.

Quindi bisogna riscontrare la data certa, che impone all’acquirente di rispettare le locazioni immobiliari per l’intero periodo della durata convenzionale, che non deve eccedere il novennio  dall’inizio della locazione.

Infine occorre considerare la detenzione del conduttore, che obbliga l’acquirente al rispetto della locazione nei limiti alla durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.

Opponibilità del contratto di locazione a canone inferiore al minimo contrattuale

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento:  vediamo nel caso concreto.

Cosa accade in caso di acquisto di immobile da una procedura esecutiva immobiliare alla quale sia opponibile un contratto di locazione a canone concordato?

Esaminiamo l’ipotesi in cui il canone  sia pari a meno della metà del minimo contrattuale.

Di regola all’acquirente sono opponibili le sole locazioni aventi data certa anteriore al pignoramento.

Questo criterio subisce però un’eccezione, ai sensi dell’art. 2923 terzo comma in esame.

In tale ipotesi l’acquirente non è tenuto a rispettare le locazioni consentite dall’espropriato in epoca anteriore al pignoramento.

Ciò  solo nel caso in cui il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo, o a quello risultante da precedenti locazioni.

Come valutare la congruità del prezzo di locazione ai fini dell’opponibilità del contratto?

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento non può prescindere dalla congruità del canone locatizio.

La congruità, o meno, del prezzo per l’estensione alla vendita forzata del principio per cui l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione va valutata non con riferimento all’epoca della stipulazione del contratto, o dell’assegnazione del bene, ma alla data del pignoramento.

L’acquirente che non voglia rispettare la locazione nonostante la tempestività del contratto e la congruità del canone deve eccepire la simulazione del contratto ai sensi dell’art. 1415 secondo comma del  codice civile, fornendone la relativa prova.

Dopo che sia stato eseguito il pignoramento, non è dato parlare, infatti, di rinnovo tacito del contratto di locazione per mancata disdetta da parte del locatore.

Essendo necessaria l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560 secondo comma del  codice di procedura civile, mancando la quale il rapporto locativo non subisce rinnovi ulteriori dopo il pignoramento (Cass. 25/2/1999).

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento: quando  non è opponibile all’aggiudicatario?

Cosa succede quando la locazione non è opponibile all’aggiudicatario del bene per essere stato il relativo contratto stipulato in epoca successiva al pignoramento dell’immobile?

Il conduttore che non sia stato avvertito dell’esistenza del pignoramento dell’immobile, che sia stato costretto a rilasciarlo in seguito alla vendita, ha diritto al risarcimento del danno nei confronti del locatore.

Ciò in  conseguenza del fatto di aver subìto l’estromissione da parte dell’aggiudicatario e della privazione del diritto precedentemente acquisito di  cui non poteva avere conoscenza.

Ravvisandosi dolo e malafede da parte del debitore esecutato che ha stipulato il  contratto di locazione, tenendo all’oscuro il conduttore dell’esecuzione forzata in corso.

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Case all’asta, l’opposizione agli atti esecutivi

Pubblicato su Il Messaggero il 19 settembre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. 

 

 

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Le contestazioni sul ricavato della vendita

Pubblicato su Il Messaggero il 12 settembre 2010 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione

Le contestazioni sul ricavato della vendita: il giudice ha il potere discrezionale di sospendere, o meno, il procedimento in attesa della soluzione della controversia

Contestazioni in sede di distribuzione del ricavato della vendita

Le controversie distributive sono incidenti cognitivi, codificati e disciplinati dall’art. 512 del  codice di procedura civile e riguardano la sussistenza. o l’ammontare di uno, o più crediti.

Possono riguardare anche la sussistenza di diritti di prelazione che possono sorgere in sede di distribuzione del ricavato.

La distribuzione del ricavato della vendita nell’esecuzione immobiliare si effettua attraverso il piano di riparto che viene redatto dal Custode Giudiziario o dal Ctu Contabile.

Entrambi sono nominati dal Giudice dell’Esecuzione che approva il progetto  di  distribuzione, ove non sorgano contestazioni, in sede di distribuzione. 

Cosa riguardano le controversie distributive?

Le contestazioni sul ricavato della vendita: le controversie distributive riguardano la collocazione e la graduazione dei crediti.

Ad esempio: il fatto se un creditore debba essere incluso, o escluso, dal riparto o se debba avere un importo diverso da quello attribuito nel progetto di distribuzione.

La formulazione dell’art. 512, a seguito della Novella del 2006, sembra aver trasformato tali controversie in veri e propri incidenti cognitivi.

Poiché riguardano non solo la collocazione o la graduazione dei crediti, ma anche l’esistenza degli stessi e dei diritti di prelazione.

Tali controversie possono avere ad oggetto non solo questioni formali, ma anche di merito ed in  dottrina si è affermato possano avere efficacia di giudicato, anche se non vengono più decise con sentenza, bensì con ordinanza.

La conseguenza di tale impostazione è di tutto rilievo, atteso che l’ opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’ art. 615 del codice di procedura civile, riguarda l’esistenza del credito.

Potendo essere esperita solo dopo la chiusura del processo esecutivo e non in concorrenza di azioni, nel caso non siano state sollevate contestazioni ex art. 512 dello stesso codice di rito. 

Cosa sono le contestazioni sul ricavato della vendita?

Trattasi in  sostanza  di procedimenti di natura sommaria, ove il Giudice dell’Esecuzione, pur non avendo i poteri del Giudice di cognizione, può svolgere attività istruttoria, potendo sentire le parti e compiere accertamenti.

Come si afferma in dottrina sembrano ammissibili le prove costituende e anche le prove atipiche, come le sommarie informazioni e l’esibizione di documenti contabili.

Potendo essere disposta consulenza tecnica contabile anche per verificare l’illegittimità dell’anatocismo.

Con la Novella del 2006, onde rendere più snello il procedimento, il Giudice dell’Esecuzione ha il potere discrezionale di sospendere o meno l’esecuzione in attesa dell’esito della controversia distributiva.

Mentre antecedentemente la sospensione della vendita era considerata  necessaria per la parte oggetto della controversia.

Solo a seguito dell’emissione dell’ ordinanza di attribuzione delle somme e di chiusura del processo esecutivo le parti possono aprire il vero e proprio procedimento di cognizione, mediante le opposizioni ex art. 617 cpc.

Tali opposizioni,  come l’opposizione all’esecuzione, hanno carattere cognitivo  e si introducono con l’atto di citazione in giudizio chiudendosi  con una sentenza di accertamento nel merito.

A meno che non siano formulate in sede di procedimento esecutivo; in tal caso si distinguono in due fasi: cautelare – di sospensione – e di merito – di cognizione.

Forma delle contestazioni in sede di distribuzione del ricavato

Le opposizioni previste e disciplinate dall’art. 615 riguardano l’esistenza e l’ammontare del credito e, per l’effetto, la validità del titolo esecutivo e sono di due tipi: preventive e successive.

Le prime vengono introdotte prima dell’instaurazione del processo esecutivo con atto di citazione in giudizio.

Sono procedimenti di cognizione e con esse può essere chiesta la sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo, ancor più se è stato sospeso il titolo in contestuale gravame.

Tranne per i casi in cui il difetto del titolo giudiziale sia motivo esclusivo di appello, perché si converte in un vizio di gravame.

Le opposizioni successive, formulate dopo l’instaurazione del processo esecutivo sono introdotte con ricorso.

A cui segue un provvedimento del giudice di immediata sospensione della procedura, con decreto, o di fissazione dell’udienza per la sospensione, o meno, della procedura.

Tale procedimento è di natura cautelare anche se non segue del tutto il regime dei procedimenti cautelari, non anticipando il provvedimento di sospensione gli effetti finali del processo di merito che si instaura con atto di citazione.

La seconda fase, di merito, introdotta con citazione, segue il regime del processo di cognizione e si conclude con sentenza con effetto di giudicato.

Le contestazioni sul ricavato della vendita: i vizi formali dell’atto esecutivo

Le opposizioni agli atti esecutivi ex at. 617 c.p.c. riguardano vizi formali dell’atto esecutivo e sono anch’esse preventive e successive.

Le opposizioni a precetto vengono introdotte con atto di citazione, mentre le opposizioni al pignoramento e agli atti esecutivi  con ricorso.

Entrambe seguono la struttura bifasica tipica delle opposizioni alle esecuzioni  concludendosi con sentenza con effetto di giudicato sostanziale.

Il creditore potrà procedere o intervenire con lo stesso titolo in nuove o diverse procedure esecutive, non riunite a quella opposta.

Per le opposizioni agli atti esecutivi non è previsto il regime della sospensione, ma il Legislatore ha previsto che il giudice dell’esecuzione possa adottare atti urgenti indilazionabili, previsti dall’art. 618 del  codice di procedura civile.

Taluni rendono applicabile l’art 700 alle opposizioni agli atti esecutivi, onde poter ottenere la sospensione, altri invece pur non essendo previsto tale richiamo normativo, ammettono l’uso dei provvedimenti urgenti indilazionabili ex art 618 c.p.c.

Le opposizioni di terzo sono previste, invece,  dall’art. 619 del  codice di procedura civile e riguardano i diritti reali oggetto dell’immobile, trattandosi di azioni che il proprietario dell’immobile effettua a tutela della sua proprietà o diritto reale che lamenta erroneamente pignorato, così come le azioni di rivendica.

Si introducono, a seguito dell’imposizione del vincolo pignoratizio sul bene,  e si concludono con una sentenza ad effetto di giudicato.

Le opposizioni all’esecuzione e di terzo sono state dichiarate appellabili dalla Novella del 2009, a seguito dell’abrogazione del disposto di inappellabilità per le opposizioni all’esecuzioni successive, introdotta dalla Novella del 2006.

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